(di Giovanni Moro)

 

1. Il dibattito della Convenzione europea

Il dibattito in corso nella Convenzione incaricata di redigere il testo del trattato costituzionale della Unione europea dà la sensazione che, rispetto ai temi connessi alla sussidiarietà orizzontale, la posta in gioco stia decisamente da un’altra parte. Ad esempio, le questioni centrali sembrano essere:

- Il rapporto tra stati nazionali e istituzioni della unione (il tema della sussidiarietà, al riguardo, è piuttosto usato come un’arma contro la Commissione che non come un principio di cooperazione);
- Gli equilibri tra le tre principali istituzioni della Unione (parlamento, consiglio e commissione);
- Il valore istituzionale da attribuire alla dimensione transnazionale (la famosa controversia tra “federali” e “confederali”);
- Il livello di competenza della Unione su temi sinora considerati di esclusiva competenza degli stati membri (specialmente in relazione a difesa e politica estera).

Senza negare la importanza di questi temi, va registrato però un paradosso: mentre tutti si dicono preoccupati del deficit democratico della Unione e della lontananza dei cittadini dalla dimensione europea, proprio nel momento in cui si dovrebbe e si potrebbe fare qualcosa in merito, ci si occupa di altro.

Un esempio di questo atteggiamento è il modo in cui si sta trattando la cittadinanza europea. Si tratta, come è noto, di una delle più grandi novità che la costruzione della Unione ha comportato: stabilire una cittadinanza ex novo non collegata a uno stato nazionale. La elaborazione del trattato costituzionale avrebbe potuto essere la occasione per arricchire l’esile catalogo di diritti e varare finalmente un catalogo di doveri connessi alla cittadinanza europea. Invece, il tema è più che altro utilizzato come campo di battaglia dagli euroscettici (un parlamentare inglese nel suo emendamento abrogativo delle norme sulla cittadinanza ha motivato così: “La cittadinanza è un attributo della statualità. Non si può essere cittadini di un trattato” ). L’unica proposta innovativa, che deriva da una proposta della Commissione appoggiata dal Comitato economico e sociale, quella di riconoscere ai residenti di lungo termine nel territorio della Unione una “civic citizenship”, è stata rilanciata da alcuni membri della Convenzione ma non avrà, con ogni probabilità, alcun seguito. Su questa proposta tornerò comunque alla fine.

Sarebbe sciocco negare che il varo di un trattato costituzionale, che oltretutto incorporerà in qualche modo la Carta dei diritti fondamentali sia di per sé un evento di importanza incalcolabile, per l’Europa e per il mondo. Tuttavia, ciò non ci può esimere dal paventare che si stia per perdere una occasione.

Per evitare che questo accada, il tema della sussidiarietà orizzontale/circolare potrebbe essere di grande importanza.

Il tema del seminario (e dell’intero progetto “Rethinking the Principle of Subsidiarity”) potrebbe essere quindi definito in questi termini: se e in che modo la introduzione del principio di sussidiarietà orizzontale nel trattato costituzionale dell’Unione possa migliorare insieme la efficacia e la legittimazione democratica delle istituzioni comunitarie.

A questo fine, cercherò di contribuire a:
- Analizzare in che modo a oggi la Unione “tratta” i cittadini attivi;
- Verificare le buone ragioni di una introduzione del principio di sussidiarietà orizzontale nella nuova costituzione europea;
- Rendere ragione della esistenza di esperienze di sussidiarietà orizzontale che possono essere valorizzate;
- Verificare l’effetto che la introduzione del principio di sussidiarietà orizzontale potrebbe avere sullo sviluppo della cittadinanza europea.

Nel trattare questi temi, la relazione prenderà le mosse da quanto è stato prodotto finora, e in particolare dal documento di sintesi del seminario di Bruxelles del 19 diecembre 2002 con cui è stato aperto il progetto “Ripensare il principio di sussidiarietà”, scritto da Charlotte Roffiaen.


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