(Seconda Edizione - settembre 2009)

 

Prefazione

Le città sono contesti locali in cui si scaricano emergenze di dimensione globale. Esse sono sottoposte all’onda d’urto delle illegalità, delle devianze, delle micro e macro-delinquenze, e sembrerebbe che facciano fatica a dare risposte adeguate, in termini di prevenzione e di contrasto, alla domanda di sicurezza dei cittadini. Eppure il rapporto tra cittadini e comuni è ancora saldo: essi rappresentano l’istituzione in cui si ripone la maggiore fiducia. Ed è una fiducia che ha prodotto, d’altro canto, una costante crescita di aspettative nei confronti delle amministrazioni locali e dei Sindaci, chiamati in causa su ogni problema di vita quotidiana, anche in ambiti estranei alla sfera delle loro responsabilità formali e dei poteri effettivi. In questo quadro è facile spiegare perché i comuni sono stati progressivamente chiamati, “dal basso” e con forza, a fronteggiare il problema dell’insicurezza urbana. Un’insicurezza dai contorni difficili da perimetrare, che non riguarda solo i reati e l’ordine pubblico, ma è conseguenza di grandi mutamenti sociali (l’aumento di persone che vivono da sole, l’allentamento dei legami di vicinato, l’incontro con culture “diverse” provocato dalle migrazioni), incide sulla vita quotidiana di ciascuno, è alimentata da un quadro complessivo di paure e incertezze sul futuro (la precarietà lavorativa, l’instabilità economica e familiare, ...).

L’impegno diretto dei sindaci e dei comuni su questo fronte risulta quindi essere direttamente proporzionale ai profondi cambiamenti intervenuti nelle nostre città, cambiamenti che mettono in crisi un modello standard di prevenzione e repressione della criminalità in favore della differenziazione degli interventi ed alla definizione di adeguate politiche di welfare. I comuni hanno accettato di misurarsi con questa realtà complessa rappresentando i bisogni e le domande delle comunità locali ai tavoli del Governo, coordinando interventi e risorse con i diversi livelli istituzionali attraverso la stipula di “patti” e accordi, chiedendo a più riprese adeguamenti normativi e investimenti mirati, intervenendo in prima persona sui fattori di insicurezza più direttamente legati alla vita quotidiana, al rispetto delle regole di civile convivenza, al decoro e alla qualità urbana, alla protezione e al sostegno dei più fragili.

L’insieme di questi problemi e degli sforzi messi in campo per affrontarli sono stati ampiamente trattati nella prima edizione di questo volume, con cui si è voluto mostrare, partendo dalle ordinanze emesse dai Sindaci a seguito della legge 125/08, come le Amministrazioni locali hanno utilizzato le nuove potenzialità offerte dalla legge.
Ora, anche a seguito dell’approvazione di due nuovi e basilari provvedimenti, la legge 94/09 ed il decreto ministeriale dell’8 agosto 2009, l’ANCI e la Fondazione Cittalia riprendono in un certo senso il filo del discorso, aggiornando i dati sulle ordinanze, il cui monitoraggio in realtà non si è mai interrotto.

Ciò nella convinzione che le ordinanze rappresentino un utile mezzo di contrasto dell’insicurezza solo nel breve periodo e non possano certamente essere considerate l’unico strumento a cui affidare il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza di una comunità. Tali provvedimenti - generalmente a carattere repressivo – sono infatti efficaci come qualsiasi farmaco sintomatico perché intercettano e segnalano un problema ma non hanno la capacità di incidere sulla radice del fenomeno. Per contribuire a risolvere radicalmente i problemi legati alla sicurezza urbana, occorre che le politiche poste in essere a tal fine vadano di pari passo con quelle educative, di prevenzione e di inclusione sociale. Solo così sarà possibile dar vita ad una comunità allo stesso tempo ordinata e accogliente.

 

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