(di Giuseppe Cotturri)

 

1. Perché la partecipazione

La partecipazione negli ultimi anni è tornata all'attenzione soprattutto con riferimento all'esperienza del Bilancio Partecipativo, realizzata in Brasile con successo crescente a Porto Alegre dal 1989, poi in altre città e estesa infine al bilancio di uno degli Stati della federazione (Rio Grande do Sul). Scritti dei principali protagonisti e sindaci di Porto Alegre - Tarso Genro, Ubitaran de Souza, Raul Pont - sono stati tradotti in altre lingue e anche in Italia. Si sono realizzate limitate imitazioni di quella pratica, procedendo anche a modifiche degli statuti e dei regolamenti comunali: da noi, ad es., a Grottaferrata, nell'XI Monicipio di Roma, a Pieve Emanuele, e poi Vimercate, Piacenza, Monterotondo. In altre città c'è chi lo propone (Bari, tesi di laurea).

Il movimento dei movimenti new-global nel Forum Sociale Mondiale, tenuto nella città brasiliana "culla" del Bilancio Partecipativo, ha assunto tale esperienza come simbolo e elemento identificativo d'una democrazia "sostanziale". Ci si interroga su quanto sia sostenibile tale "modello" e su quanto possa giocare il rafforzamento dal basso per contrastare l'egemonismo e l'autoritarismo dei più potenti attori della globalizzazione. La domanda di fondo è: la strategia della democratizzazione, a livello planetario e nei singoli stati, può contrastare il neoliberismo imperante e le strategie di militarizzazione che lo sorreggono?

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